23 febbraio 2024

Il dilemma del barbiere

 Stamattina mi sono letto e guardato l'internet e dopo che l'ho finito non sapevo più che fare, allora ho pensato di andarmi a tagliare i capelli. Ma il mio barbiere di fiducia è chiuso per lutto da mesi, poi ho scoperto che era proprio lui a essere morto, e il lutto era quello della sua famiglia. Allora ho pensato di chiedere a Ermete Dossi se mi poteva consigliare qualcuno. Sono andato a casa sua. L'ho trovato con i capelli lunghi e sporchi fino alle spalle, non un buon segno.
«Non li ho più tagliati, perché volevo andare dal barbiere, ma poi mi sono chiesto: da chi si fa tagliare i capelli il barbiere? Da un altro barbiere, evidentemente. E dev'essere un barbiere molto bravo, se uno che è barbiere si affida a lui. Così ho chiesto a Nereo, il mio barbiere storico, da chi si fa tagliare i capelli: lui mi ha dato il nominativo di questo barbiere che sta dalle parti della rotonda Casto Caruso. Sono andato lì, ma poi ho pensato: questo barbiere, che già taglia i capelli al mio di barbiere, si servirà a sua volta da un altro barbiere, che evidentemente quindi sarà di livello superiore. E così discretamente gli ho chiesto, senza fargli capire i miei secondi fini, chi era il suo barbiere: e mi ha fatto il nome di uno che ha il suo salone dalle parti del cavalcavia Carmine Gori-Merosi, non so se hai presente. Sono andato lì, e mi sono fermato davanti alla vetrina del suo negozio. Era lì dentro che stava tagliando i capelli a un giovane squatter, e glieli stava tagliando a regola d'arte, era indubbiamente un professionista, era il barbiere del barbiere del mio barbiere, ma: anche lui avrà qualcuno, bravissimo e fidatissimo, da cui lui si fa tagliare i capelli, no? E così era, infatti. Perché gliel'ho chiesto, e me l'ha confermato. Insomma per fartela corta sono arrivato a rintracciare il barbiere del barbiere del barbiere del barbiere del barbiere del barbiere del mio barbiere, e non intendo fermarmi finché non avrò trovato il barbiere talmente bravo che non ce n'è un altro come lui, talmente bravo che si taglia i capelli da solo, ma ancora non vedo la fine di questa catena, ancora non ho trovato questo ur-barbiere, questa creatura mitica. E finché non lo trovo, mi tocca tenermi questa chioma.»
Allora gli ho detto di farmi sapere quando lo trova, e l'ho salutato e me ne sono venuto via. Comunque non sta male coi capelli lunghi, sembra un commercialista da paradisi fiscali.

19 gennaio 2024

Il rumore di un cotton fioc

Che rumore fa un cotton fioc quando cade per terra?

Ieri ci ho pensato per tutto il giorno. Nel corso della mia vita innumerevoli cotton fioc mi sono caduti, ma non ricordo di averne mai sentito il rumore, e d'altra parte le estremità bombate costituite da ovatta contribuiscono ad attutirne l'impatto con il suolo, ma la domanda è: cento cotton fioc che cadono al suolo contemporaneamente non farebbero ugualmente rumore? E mille? E un carico da un milione? Siamo in presenza dell'oggetto meno rumoroso mai creato dall'umanità? Così, in vena di esperimenti, sono andato al supermercato con l'intenzione di comprare una decina di confezioni di cotton fioc e iniziare tutta una serie di test domestici. Al supermercato ho incontrato Numero Una, la mia ex collega al Reparto Creazione della Clebbino, prima che ci licenziassero tutti senza neanche averci mai assunti, uno dei prodigi possibili nell'attuale mondo del lavoro. 
«Hai saputo? Ci stanno richiamando» ha detto Numero Una, su di giri.
«Ma chi?»
«La Clebbino. Ma non li segui i social? Ne parlano tutti.»
«Ultimamente sono rimasto un po' fuori dal giro dei...»
«C'è stato un cambiamento che tutti i più grandi influencer che si occupano di economia & management, come Carm1neMGMT, definiscono e-po-ca-le».
«Non hai fatto le virgolette con le dita. Non so perché me le aspettavo.»
«In pratica è stato destituito l'amministratore delegato e sostituito con Dabbo, un'intelligenza artificiale messa a punto dalla divisione TechMex della Clebbino a Bullhead City, Arizona. E Dabbo ha deciso un piano massiccio di riassunzioni. Non sei eccitato?»
Numero Una (Numera Uno? Numera Una?) aveva un nuovo tatuaggio sul collo che le spuntava da sotto la maglietta. Sembrava la punta di un cazzo, ma non osavo chiedere. Poi mi sono detto: accidenti, fai l'uomo. Chiediglielo. Chiedile: che cos'è quello, la punta di un cazzo? È una battuta divertente! Riderà di sicuro. Ora glielo chiedo. Ora glielo chiedo. Sto per chiederglielo. Apro la bocca e mi sento dire:
«Sai dove tengono i cotton fioc?»
«No. Controlla la tua mail, ti è senz'altro arrivata una convocazione per un colloquio. Rifanno il Reparto Creazione!»
«Una riassunzione presuppone che prima fossimo assunti, mentre come sai non lo eravamo, avevamo solo un contratto di collaborazione Co.Pro.Fa.Go.»
«E con questo? Sempre meglio che mangiare merda» ha risposto lei, piccata.
«Non sapevo che la Clebbino avesse una divisione TechMex in Arizona.»
«Ora ti saluto Bandini, devo comprare le pastiglie Clebbino per la lavastoviglie.»
Non la facevo così aziendalista. L'ho salutata e sono andato nella corsia dei prodotti per l'igiene. I cotton fioc erano finiti. Peccato perché su Internet è pieno di consigli su 20 – a volte 30 – usi geniali del cotton fioc che non conoscete. Tipo: rimuovere la polvere negli interstizi delle vostre tastiere, rimuovere i residui di mascara, inquinare pesantemente il pianeta.

27 ottobre 2023

Giri a vuoto nella zona industriale

 Ieri sera sono andato a trovare D'Ottomani nella zona industriale. Erano le nove di sera e le luci gialle dei lampioni si rifrangevano come schizzi di vomito sulle pozzanghere formate nelle buche lasciate nell'asfalto dal passaggio ininterrotto dei tir. Le sagome dei tetti a denti di sega dei capannoni, nel buio della sera, sembravano mandibole divelte di gigantesche creature preistoriche, dopo che una pioggia di asteroidi le aveva fatte a pezzi. Ogni tanto passava un cane randagio, sgambettando. Ogni tanto passava una donna randagia, ancheggiando e ammiccando. Finalmente sono arrivato sotto casa di n.3 (mi viene ancora da chiamarlo così), ho suonato il campanello. La sua voce, percorsa da scariche elettrostatiche, ha risposto al citofono chiedendo chi era, in un tono scocciato. In quel momento mi sono reso conto che mi stavo presentando a casa sua a mani vuote. Ho nascosto le mani dietro la schiena, anche se non era un videocitofono, ma un citofono del tipo vecchio, che alimentava ancora il mistero, la possibilità, lo stupore, anche un po' la rottura di cazzo.
– Sono Bandini. Insomma, numero 5. Sono venuto a trovarti.
– Bandini? Cristo, ma a quest'ora? Che ci fai qua? Perché sei venuto?
– Mi hai invitato tu, ricordi?
C'è stato un silenzio prolungato. Altre scariche elettrostatiche.
– Ma era un modo di dire, no? Hai presente. Come quando uno dice "una di queste sere ti chiamo e ci andiamo a bere una birra", e poi naturalmente non chiama mai più, diventa vecchio e schiatta e l'altro, quello che in teoria doveva aspettare la sua chiamata ma naturalmente non l'aspettava perché sapeva benissimo che era un modo di dire – a differenza di te – l'altro, va al suo funerale e lì incontra altri amici in comune col defunto e tutti si danno pacche sulle spalle e lui dice loro "e pensare che dovevamo vederci per berci una birra come ai vecchi tempi" e qualcun altro dice "Perché non lo facciamo noi? Anche in suo onore" e tutti annuiscono e si stringono le mani e si ripromettono di risentirsi per la settimana seguente ma naturalmente nessuno fa niente, e così via, all'infinito, perché è così che funziona, sono le formule di congedo Bandini, servono a levarsi dal cazzo a cuor leggero.
– Ah.
– Mica mi avevi preso sul serio?
– Io? Ma che dici. Stavo facendo due passi per sgranchirmi le gambe e mi sono ritrovato a passare sotto casa tua e mi sono detto, ora gli faccio uno scherzo e gli faccio credere che l'ultima volta l'ho preso sul serio, ed eccomi qua.
– Ahahahahah Bandini! Sei una sagoma. Ci ero quasi cascato. Buonanotte allora. Scusa ma c'è mia moglie che mi aspetta sul divano per riprendere la visione della nostra serie preferita. Ci sentiamo.
– Hah! Ma certo! Ci sentiamo SICURAMENTE. Ti chiamo la settimana prossima allora ok? – ho detto, riempendo le mie parole di ammiccamenti. Ma lui aveva già chiuso la comunicazione. 

A quell'ora non c'erano più autobus per tornare a casa mia, e così mi sono incamminato verso casa. Ci sarebbe voluta almeno un'ora. Ma avevo tutto il tempo. Tutto il tempo necessario sarebbe stato con me, fino alla fine, non un istante di meno, non uno di più. E pensare che c'è gente che dice che ci vorrebbe il teletrasporto. Di solito sono gli stessi che agli aperitivi dicono che "amano viaggiare".

5 ottobre 2023

La vita è piena di opportunità

 Oggi passavo davanti al discount quando mi sono sentito afferrare da dietro e prima di accorgermi che cosa stava succedendo mi sono ritrovato scaraventato in terra oltre le porte automatiche del discount. Mi sono alzato per protestare quando l'aggressore ha allargato gli arti come per abbracciarmi:
– Bandini! Ma sei te.
Era ex Creativo n.3, che dopo la dismissione del Reparto Creazione da parte della Clebbino si è rifatto una vita e ora lavora come buttadentro al discount.
– In che senso, buttadentro?
– Con l'inflazione che c'è la gente si guarda bene dal mettere piede nei negozi o nei supermercati, e ormai anche nei discount, così mi pagano perché acchiappi la gente e la scaraventi dentro. Poi una volta dentro ci pensano la musica soporifera e le promozioni 2x3 e le raccolte bollini e le luci bianche e la disposizione sensuale delle merci a fare il resto. Il difficile è farli entrare. Ed è il mio lavoro.
Ex Creativo n.3, che da civile si chiama D'Ottomani, mi ha invitato a casa sua. Ha detto che ora abita all'estrema periferia, in piena zona industriale. La sua è una scelta strategica. Siccome il discount è in centro, lui ha studiato i flussi del traffico e ha visto che la mattina il flusso del traffico è dal centro verso la zona industriale, e la sera viceversa. Trasferendosi nella zona industriale, lui si muove in senso contrario al flusso del traffico.
– Viaggio che è una bellezza. E poi la zona industriale la sera è un posto tranquillo, sentissi che pace.
– Ma non capisco, prima vivevi in centro, se ora lavori in centro non ti conveniva rimanere dov'eri?
– Sei matto? Hai mai provato a spostarti da un punto del centro a un altro punto del centro in macchina? Si fa prima a piedi.
– Ma infatti potevi andare a lavoro a piedi.
– È un modo di dire, Bandini. A piedi, che assurdità.
Comunque io non dovevo fare la spesa, così l'ho salutato, gli ho detto che magari sarei passato a trovarlo una volta (come no) e ho fatto per uscire dal discount. D’Ottomani mi si è parato davanti.
– Scontrino, prego.
– Ma io non ho comprato niente.
– Allora abbiamo un problema. Non posso farti uscire se non mi fai vedere lo scontrino.
Ho raccolto uno scontrino da terra e gliel’ho dato.
– Vuoi farmi licenziare per caso? Fai il bravo. Ci sono i rastrelli in offerta, solo per oggi.
Mi ha strappato di mano lo scontrino e mi ha spinto verso la corsia degli articoli per la casa. Ho comprato un rastrello a 12,99 euro, un vero affare in effetti, e la cassiera mi ha anche sorriso, e mi ha anche strizzato l'occhio, e io stavo per rivolgerle la parola ma poi mi sono accorto che strizzava l'occhio anche a quello dopo di me, era un tic nervoso. Allora non le ho detto niente, e col mio bravo rastrello sotto braccio sono tornato a casa.

20 settembre 2023

La voglia

 Su Amazon ho visto che si trova in vendita anche Ebay, al prezzo scontato di 20 milioni di dollari. Stavo per cliccare su acquista, solo per vedere l’effetto che fa, visto che io non ho 20 milioni di dollari. Poi però ho visto che su Ebay c’è in vendita Amazon, usata, ma in ottime condizioni, base d’asta 14,99 dollari. Mi sembra interessante, l'ho messa tra gli oggetti che osservo, non si sa mai. Anche se io non ho 14,99 dollari. Ma chi ce li ha, in Italia? Qua abbiamo gli euro. Dovrei cambiarli, ma per farlo dovrei uscire di casa, prendere l’autobus, andare in banca o a un ufficio di cambio, trovare dei pensionati in coda. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare. Non lo so, è una cosa che fa passare la voglia.

28 aprile 2023

Mi informerò senz'altro

 Ho trovato un post-it nero attaccato alla cassetta della posta. Sopra non c'era scritto niente. Forse un messaggio minatorio di Mascarotti, il mio padrone di casa? Eppure sono in regola con l'affitto. O no? Siccome sono una persona scrupolosa, per togliermi il dubbio sono andato a suonargli, abita dall'altra parte della strada.
«Ah, Bandini! Venga, prego, entri pure. Posso offrirle qualcosa?»
«Grazie, un caffè lo prendo volentieri.»
«E lei?»
«Un caffè» ho ripetuto.
«No, volevo dire: e lei cosa mi offre?»
Mi sono stretto nelle spalle, guardandomi intorno. Eravamo nel suo soggiorno, sul tavolo c’era un centrotavola, non ne vedevo uno dal 1986. C'era la tv accesa sul programma "La morte in diretta".
«Non ho portato niente con me» mi sono giustificato.
«E io non ho il caffè. Siamo pari» mi ha sorriso. Ho ricambiato il sorriso.
«A cosa devo la sua visita?»
Gli ho detto del post-it nero, ma ha detto che non ne sapeva niente.
«Piuttosto, deve ancora pagare l'affitto del mese scorso... pensavo fosse venuto qui per quello».
In tv la conduttrice del programma stava intervistando un vescovo su una spinosa vicenda di preti pedofili.
«Vede, anche questa espressione, "preti pedofili"» ha cominciato a dire il vescovo, facendo il segno delle virgolette con le dita «io la ribalterei e direi piuttosto "pedofili preti"... sente la differenza? C'è un'aura di riscatto, di emancipazione, di speranza». La conduttrice annuiva. Mascarotti mi fissava, credo per vedere se annuissi anche io. Ho cercato di fare la faccina con la bocca obliqua, senza riuscirci molto.
«Per quanto riguarda l'affitto» ha ripreso a dire Mascarotti.
«Posso avere un bicchier d’acqua?»
«Magari potesse! Magari potessi anche io!»
Mascarotti mi ha spiegato che ormai era in atto un gigantesco piano governativo e forsanche internazionale di sostituzione dell'acqua con una sostanza liquida molto simile, ma ottenuta chimicamente in laboratorio. L'acqua prodotta dalla natura se la tengono per "loro", mentre a noi ci danno questa roba, questa "H2O", lui era andato a controllare su internet e aveva scoperto che è una formula chimica di una "molecola", significa 2 atomi di idrogeno e uno di ossigeno, passi per l'ossigeno, ma l'idrogeno? Ci fanno bere l'idrogeno! Una roba che è usata nell'industria petrolchimica per raffinare i combustibili e sintetizzare l'ammoniaca! In tv la conduttrice annuiva. Io ho detto che non ne sapevo niente ma mi sarei senz'altro informato. Mi sono alzato, il centro tavola era sempre lì, una decorazione tutta a frattali.
«Bello il centrino, lo ha fatto lei?»
Mascarotti mi ha guardato sconcertato.
«Sua moglie?»
«È morta.»
«Mi dispiace tantissimo.»
«È morta 25 anni fa.»
«Ah, ok. Allora mi fa piacere» gli ho stretto la mano e sono uscito. Avevo in tasca il post-it nero. A un certo punto ho avuto come un'illuminazione. Ho provato a guardarlo contro la luce del sole, col cuore che mi batteva forte. Non è apparso nessun messaggio segreto, e un tizio in scooter mi ha strombazzato bestemmiando perché ero fermo in mezzo alla strada.

14 aprile 2023

Bello

Mia madre diceva sempre: se pensi che il mondo sia bello, è perché non hai mai lavato il filtro di una lavastoviglie.