12 settembre 2013

Era bello aspettare

Dopo un po' a guardare l'effetto neve in tv uno si stanca, perché la trama è difficile e complessa, i personaggi sono tanti, l'inquadratura fissa non aiuta. Allora l'altra sera ho spento la tv e sono andato in cucina, in cerca di qualcosa da fare. Sul fornello c'era la mia vecchia moka nera da due, ho pensato che potevo farmi un bel caffè doppio, visto che tanto non avevo nessuno con cui dividerlo perché Betsabea è stata fatta a fettine e Domenico è sparito (e del resto non beve caffè). Ho preso in mano la caffettiera e ho iniziato a sciacquarla sotto il getto del lavandino, e ho visto che il nero veniva via. Allora ho capito che la caffettiera non era nera, era soltanto sporca, strati di calcare e caffè bruciato che l'avevano fatta diventare perfettamente nera, e mi avevano portato a pensare che fosse quello il suo colore. Il nero. Invece no. Allora ho preso una paglietta di lana d'acciaio, sono andato a sedermi sul divano e ho cominciato a sfregare la caffettiera con la paglietta, lentamente, grattando via il nero. Mentre le ore passavano e la notte avanzava io pulivo via il nero dei secoli, prima dalla caldaia, poi dal coperchio, infine dal bricco. Per ore. Ogni tanto il braccio e il polso e le dita mi facevano male e allora cambiavo mano. E da sotto il nero del bricco a un certo punto è spuntato fuori il disegno di un cappello a punta, e allora ho continuato a grattare con la paglietta, con più foga, e quando ho finito c'era il disegno di un omino, era il signor Bialetti, e fuori stava albeggiando e un raggio di sole è entrato dalla finestra e ha colpito il signor Bialetti e tutta la moka ora era lucida e mandava bagliori argentei. Avevo passato la notte a spagliettare la moka sul divano e intanto fuori il sole aveva spagliettato via la notte e poi il sole e il signor Bialetti s'erano incontrati nella cucina di casa mia, e non lo so, questa cosa mi ha riempito di felicità. Adesso potevo farmi un caffè, solo che mi mancava la materia prima, ho guardato in frigo, nella dispensa, niente, polvere di caffè finita. Avevo una caffettiera lustra e illuminata e non potevo usarla, era troppo. Allora ho deciso di farmi il caffè con quello che trovavo, ho preso il serbatoio e ci ho buttato dentro un pugnetto di terra, di quella che avevo comprato un paio d'anni fa e che era ancora ammassata in un angolo, e poi ho trovato un po' di cenere dentro a un posacenere e ci ho buttato anche quella (strano che ci fosse della cenere, io non fumo), e poi ci ho macinato dentro un po' di pepe, poi ho messo l'acqua nella caldaia della moka, ho posizionato sulla caldaia il serbatoio con la roba dentro, poi ho avvitato il bricco, ho acceso il fornello e ho aspettato. Era bello aspettare il caffè. Era da un sacco che non aspettavo più niente e nessuno, era bello avere qualcosa da aspettare, dopo tanto tempo. E infine il caffè è arrivato, annunciato dallo sbuffo della moka. Ho spento il fornello, in cucina s'è sparso un aroma strano, come di grotta e di canottiera di basket sudata rimasta in fondo al borsone un mese. Ho versato il caffè nella tazzina e ho bevuto.
Faceva schifo al cazzo.

6 commenti:

Tonilamalfa ha detto...

Un finale amaro, che sa di cenere(che sia Domenico?), terra e un pizzico di pepe.
Probabilmente è la stesso sapore che ha provato suo padre, Bandini, quando è arrivato a Vladivostok

Anonimo ha detto...

Grande Bandini ti aspettavo, anche se non lo sapevo

il biondo ha detto...

commovente

Anonimo ha detto...

hai pubblicato due libri e non lo sapevo!!!!!!!!!! e io che volevo produrti, ti ricordi???????!!!!!!!!!


FANTASTICO!!!!!!!

evviva te, evviva averti ritrovato!!!!!!!!!!! CONTUNUA A MANETTA!!!!!!!!

Bandini ha detto...

@Depresso: ci andrei piano con le parole "pubblicato" e "libri". Evviva tu.

Effetto Pauli ha detto...

Metafisico questo.