26 giugno 2014

Deng


Oggi siamo stati in Sala Incubatrice fino a tardi. Mio padre continuava a mandarmi sms su dov’ero finito e sul perché da quando era tornato da Vladivostok mi facevo vivo così raramente e se per caso non c’entrasse Svetlana. Allora?, ripeteva il capo, battendo con la mano sul tavolo un tempo da walzer, allora?
Creativo n.1 – da alcuni di noi detta “Creativa” in quanto donna – ma non da me – non perché non riconosca il suo essere donna, anzi – si mordeva il labbro inferiore.
Allora? ha detto ancora una volta il capo. Ho visto Creativo n.3 alzare una spalla di scatto, una sola: come un tic.
– Posso tenervi qui per giorni – ha detto il capo, – posso cavare fuori dolore da ogni vostra cellula, se è necessario.
Non mi spaventa per nulla, ho pensato io: ho una soglia del dolore talmente alta che ci inciampo continuamente.
Allora? Allora? Allora? Allora?
Chissà che cosa stava facendo il mio maestro di RDTP, a casa. Non me ne libererò mai: ed è tutto merito del mio capo e della Clebbino.
Datemi qualcosa, mentecatti, ha detto il capo. Allora, senza smettere di mordersi il labbro, Creativo n.1 ha alzato la mano. Io ho chiuso gli occhi e immaginato di essere quel labbro. Mordi più forte. Fammi sanguinare.
– Stavo pensando che potremmo mettere i capelli alle auto.
Dissanguami.
– I capelli. Alle auto – ha detto il capo.
– Esatto – ha detto Creativo n.1, come passando da una tonalità minore a una maggiore, – pensavo a un tappetino, rimuovibile, da applicare sui tettucci delle auto, con sopra dei capelli. Ognuno sceglie per la propria auto il tipo e il colore di capelli, e li applica sul tettuccio. Quando piove, tipo, questi capelli potrebbero crescere di qualche centimetro. Auto coi capelli. Un modo per personalizzarle. Sarebbe simpatico. Alcuni opterebbero per capelli lunghi, andare in autostrada e vedere i capelli della propria auto al vento, il vento tra i capelli, la libertà.
– Potrebbe esserci qualche problema di sicurezza, non credi? – ha provato a obiettare n.4.
– Tipo capelli che vanno sul parabrezza o sui finestrini impedendo la vista? Non credo, così come non è vietato guidare coi capelli lunghi. A ogni modo, si potrebbero anche vendere dei pratici cerchietti, anzi dei cerchiettoni, ah ah!, da applicare sopra ai capelli delle macchine, per tenerli fermi. Ognuno potrebbe acconciare la propria auto come meglio crede.
– Va bene – ha detto il capo, – ho capito –. E ha tirato fuori un piccolo gong portatile. L’ha appoggiato sul tavolo, l’ha messo bene al centro. Nessuno ha mosso un muscolo. Nessuno aveva più muscoli, o nervi, o ossa. Eravamo come fatti di minestra. Liofilizzata.
Il capo ha tirato fuori un piccolo batacchio.
Non sapevo più se fuori c’era ancora il sole, o se era buio, o se pioveva – non ci sono finestre nella sala Incubatrice. Solo una grossa luce al neon al centro del soffitto, e odore di minestra liofilizzata. Noi.
Il capo ha suonato il piccolo gong con il piccolo batacchio.
Il gong ha fatto un piccolo “gong”, per la verità più simile a un “deng”.
– Che significa? – ha osato dire n.2. Aveva evidentemente i nervi a pezzi. Da quando non c’è più Giorno della Rivincita, non è più lo stesso.
– Significa che è tempo che vi leviate dal cazzo il più in fretta possibile – ha detto il capo.

18 giugno 2014

Pensiero mio dolce

Devi smettere di pensarli, i pensieri.
Altrimenti è come sperare di ottenere il silenzio invocandolo continuamente: non ce la farai mai, l’unico modo è stare zitti.
Non li pensare. Non li toccare con le mani. Voglio dire le mani della mente. Usa i Pensieri Pinza! Non ci andare mai a mente nuda, indossa i Pensieri Pinza, sono fatti apposta per conferire e differenziare i pensieri senza che ti rimangano attaccati addosso e si riproducano all’infinito. Stai usando i Pensieri Pinza? Non sono fatti solo per raccogliere: sono fatti per mettere distanza. Senza distanza sei fottuto. Senza mettere distanza non puoi separarti dai tuoi pensieri. Usa i Pensieri Pinza!
– Ho capito, devo usare i Pensieri Pinza, ho capito – sbotto.
Il mio maestro scuote la testa.
– Hai parlato. Hai parlato di nuovo. È come invocare il silenzio continuamente. Non funzionerà mai.
– Ho parlato perché lei non la smette un attimo di parlare.
– Se non ti parlo, come faccio a guidarti nella Raccolta Differenziata Tibetana dei Pensieri?
– Almeno può smettere di mangiare popcorn?
– La tua mente è a tal punto piena di merda che l’unica cosa che riesci a sentire è me che mangio popcorn?
Ho aperto gli occhi. Il mio maestro era seduto a testa in giù sul mio divano posizionato sul soffitto e mi guardava sprezzante. Mi sono ricordato che ero in verticale contro il muro. Sono rotolato malamente sul pavimento, in posizione supina. Ora il mio maestro era di nuovo seduto dritto e il divano era di nuovo sul pavimento.
– Maestro – ho detto, mentre la mia colonna vertebrale era scossa da fitte lancinanti.
– Eh.
– Mi fa vedere le sue credenziali?
– Che intendi dire?
– I suoi diplomi. Avrà un diploma, un patentino, qualcosa che attesti la sua autorità in materia di RDTP?
– Certo che ce l’ho.
– Me li fa vedere?
– No.
– Perché, maestro?
– Perché dopo ti sentiresti umiliato. Devo difenderti da te stesso, Bandini.
Ho aperto la bocca, restando supino a terra. Il maestro ha lanciato un popcorn che è atterrato perfettamente sulla mia lingua. Ho masticato il popcorn.
– Maestro.
– Eh.
– Credo che questa settimana sia il suo turno di pulire il cesso.
– Come fai a dirlo?
– Ho tenuto il conto.
– Tenere, tenere, tenere! Non fai altro che tenere! Mentre dovresti imparare a lasciare andare. Ora basta chiacchiere. Chiudi gli occhi e ricominciamo.
Ho chiuso gli occhi. Subito un pensiero netto, circonfuso di fiamme, ha occupato il centro della mia mente: uccidi il maestro. Uccidilo. Uccidilo!
– Perché stai sorridendo adesso? – mi ha chiesto il maestro.
– Sta funzionando, maestro. Sto prendendo i pensieri con i Pensieri Pinza.
In realtà stavo immaginando di strappare i capezzoli del mio maestro con delle pinze roventi. Ho accarezzato questo pensiero lungamente, nel buio della mente. Non ti lascerò mai e poi mai andare via, pensiero mio dolce. Ti terrò sempre qui in un angolino, fino a quando non avrò bisogno di te.